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Blog @ Noidelvino

Il Vino raccontato da chi lo fa

Da Biondi Santi a Mastrojanni: qualche considerazione sulle “mergers & acquisitions”
Pubblicato dal blog il 03/06/2022
Da Biondi Santi a Mastrojanni:  qualche considerazione sulle “mergers & acquisitions”

Nel giorno in cui veniamo invitati da Biondi Santi riusciamo pure a organizzare una visita da Mastrojanni nel pomeriggio. Le due cantine non sono lontane l’una dall’altra; condividono infatti lo stesso versante di sud est e si raggiungono percorrendo la medesima strada che da Montalcino porta a Castelnuovo dell’Abate.

 

La doppia visita porta inevitabilmente a fare dei confronti.  Quando si va in giro per cantine si comprende che tutte le aziende agricole hanno ciascuna la propria personalità, e anche se fanno parte della stessa comunità territoriale, sanno di avere delle cose in comune, ma anche molte non in comune. Possono immedesimarsi l’una nell’altra e magari sentirsi solidali, ma sanno anche di essere estranee e lontane fra di loro per altri versi.  

Così anche per Biondi Santi e Mastrojanni - ma potremmo prendere un’altra coppia di cantine a caso - esiste una differenza importante fra ciò che è uniforme e ciò che non è in comune. 

Biondi Santi com’è ovvio, punta molto sul fatto di essere il creatore del Brunello, il luogo dove tutto ha avuto inizio, il riferimento storico della zona.  

Mastrojanni diversamente, non ha una storia altrettanto lunga, tuttavia può esibire una cantina modernissima con vasche troncoconiche enormi, ampi ballatoi con passamani di acciaio, e una magnifica terrazza sul monte Amiata. 

Due esperienze straordinarie seppur diverse. E sono proprio queste non-uniformità a rendere le visite interessanti. 

Fra i due asset, ovvero la base storica per l’una, e la estrema modernità degli impianti per l’altra, c’è una differenza: il passato storico non si può semplicemente comprare (a meno di non acquisire l’azienda intera), mentre gli impianti e il know how enologico, sì.  C’è da dire che Mastrojanni è dal punto di vista paesaggistico posizionata proprio davanti al Monte Amiata e dispone di una terrazza panoramica mozzafiato. Così come per il retaggio storico, anche la posizione non si può semplicemente comprare, a meno che non si decida di acquisire l’azienda intera.

Ciò che invece accomuna le due realtà è il fatto di appartenere entrambe a due grossi gruppi imprenditoriali, l’uno francese (Gruppo EPI) per Biondi Santi , e l’altro italiano (Gruppo Illy) per quanto riguarda Mastrojanni. Anche in agricoltura si assiste al fenomeno del gigantismo e della concentrazione. Attraverso un progressivo processo di fusioni e acquisizioni, i grandi gruppi imprenditoriali internazionali e la finanza “colonizzano” per così dire, nuovi spazi.

Se questo sia un bene o un male, spetta naturalmente al lettore giudicarlo. 

Sembra che per crescere e conquistare nuovi mercati non se ne possa fare a meno. Eppure la concentrazione è una medaglia a due facce; Se da una parte si ha un sano travaso di capitali da un settore all’altro, ad esempio da quello finanziario e industriale a quello agrario, dall’altra abbiamo una progressiva estromissione dei piccoli imprenditori agricoli che magari oppressi dagli eccessivi  oneri burocratici e dall’incapacità manageriale e finanziaria  di affrontare da soli i diversi  mercati, trovano più conveniente vendere ai Grandi e poi mettersi al loro servizio. Così la ricchezza si concentra sempre di più, e  come raccontano le cronache, il fenomeno del “mergers & acquisitions” nello scenario del vino italiano si fa sempre più intenso. Il 2022 si è aperto con la notizia della crescita, con acquisizione di ettari di vigna e di aziende, di Caparzo di Elisabetta Gnudi Angelini a Montalcino e di San Felice (del Gruppo Allianz) a Bolgheri, e con l’annuncio dell’accordo ormai quasi chiuso per lo sbarco del “Polo del Gusto” del gruppo Illy nel Barolo. Il fondo Clessidra ha acquisito Botter e Mondo del Vino; Antinori la maggioranza della griffe friulana Jermann, e  Coppo è entrata nel gruppo DosioItalian Wine Brands ha comprato Enoitalia; la pugliese Torrevento (già nel gruppo Prosit di Quadrivio e Pambianco) ha preso la maggioranza di Oria Wine, per non parlare dell’aumento al 7,5% di Masi (e l’ingresso nel cda) di Renzo Rosso, patron di Diesel, attraverso la Red Circle Investiment. 

Possiamo andare avanti e parlare del  Gruppo Frescobaldi che compra Corte alla Flora a Montepulciano, e  Hyle Capital Partners, che attraverso il fondo “Finance for Food One” è entra nel capitale di Contri Spumanti,  etc. etc. 

Uno tsunami favorito forse anche dalla pandemia, che a molte piccole imprese agricole dipendenti dall’HoReCa, ha fatto alzare bandiera bianca, oppure ha fatto capire la necessità di avere un partner forte per affrontare i mercati.

Il piccolo imprenditore agricolo non ha vita facile e deve fare i conti con colossi tipo il Gruppo Italiano Vini (Giv), Antinori, Frescobaldi, Santa Margherita, Terra Moretti, Tommasi Family Estates, Zonin 1821, Feudi di San Gregorio, Angelini Wine & Estates, il gruppo Prosit, ColleMassari Wine Estates, le stesse Masi Agricola, Italian Wine Brands, Allegrini o Piccini 1882, il gruppo Duca di Salaparuta o la galassia guidata da Fontanafredda della famiglia Farinetti, solo per elencarne alcuni. 

Insomma, noi piccoli produttori dovremmo trovare delle strade alternative,  magari  puntando a sviluppare delle nicchie di mercato, oppure lavorando insieme per una maggiore integrazione cercando delle sinergie in modo da sostenerci a vicenda. Possibili opzioni potrebbero essere delle joint ventures o formule aggregative come quelle che abbiamo proposto in questo sito.

Articolo taggato: Wine Economy , Mastrojanni , Biondi Santi ,
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